NIJINSKY

Mistica e follia del corpo eccedente
Il corpo-digitale è il corpo visionario senza peso, senza limiti, trasparente, infinito.
L'attrito frena lo slancio, la materia impone vincoli, limiti.
Liberato dalle sue funzioni e dal suo peso, il corpo atterrisce per la sua eccedenza, per la sua non-finitezza e irrappresentabilità

Lo spettacolo è il frutto di una ricerca pluriennale intorno alle nuove possibilità espressive delle tecnologie digitali nel linguaggio della danza e del teatro. La figura del ballerino russo Nijinsky è stata assunta come emblema di una particolare condizione del corpo in bilico tra spiritualità e frammentazione schizofrenica.
Il corpo come via d'accesso a una dimensione spirituale. Un corpo senza peso, che nella sua eccedenza annulla i confini stessi dell'io e della soggettività con i suoi bisogni e i suoi capricci, e apre a un sentimento universale.
La metafora digitale riproduce esattamente questa aspirazione e restituisce la visionarietà dell'intenzione di Nijinsky, al di là della forma stessa (i passi, le coreografie). L'interazione tra il performer butoh (che non imita le forme della danza di Nijinsky, ma cerca di rivivificarne l'intenzione) e il suo doppio digitale (la sua ombra proiettata sulla scena in tempo reale), crea un cortocircuito tra presenza e assenza, tra corporeità e virtualità, tra finito e infinito, tra pesantezza e leggerezza. Il sogno-delirio di Nijinsky sembrava essere prorpio questo: annullare l'attrito della materia, liberare il corpo dal peso e dai limiti naturali per proiettarlo in una dimensione in-finita. Un corpo vuoto, svuotato di forme, di abitudini, di reazioni personali…. un corpo trasparente, ricettivo, immediato… un corpo vacuo che può essere attraversato da ogni cosa, un corpo tubo.
Il tentativo estremo di Nijinsky è quello di puntare alla rivelazione del corpo. Da ballerino, prima. Da internato, poi.
Nella scrittura dei Diari, già alla soglia della follia, Nijinsky vuole annullare l'attrito della penna sul foglio, annullare la resistenza: vuole una penna che scorra libera, che tracci segni senza incontrare porosità, asperità. Annullare i limiti imposti dalla fisicità, dalla materia, così come voleva annullare i limiti imposti al movimento, alla elevazione: annullare la gravità, la pesantezza del corpo. Un corpo senza limitazioni, senza materia, senza peso. Energia-sentimento allo stato puro.
Nel lavoro con la danza butoh abbiamo cercato una sorta di metafisica del corpo-tubo, una ricerca nel corpo che sopravanza, eccede, straborda. È il corpo-di-dentro, il corpo profondo.
"I tubi sono delle singolari mescolanze di pieno e di vuoto, materia cava, membrana d'esistenza che protegge un fascio di non-esistenza. Immagine di Dio stesso. Dio aveva la morbidezza del tubo flessibile ma restava tuttavia rigido e inerte. Egli conosceva la serenità assoluta del cilindro. Filtrava l'universo e non tratteneva nulla".
L'allestimento consiste nella scena disegnata a terra da un potente fascio di proiezione.
Una specie di schermo-piscina in cui il performer si muove e interagisce con l'ombra digitale.