PANE AMORE E
Si scopron le tombe, si levano i morti; i martiri nostri son tutti risorti!
(Inno di Garibaldi)
Sono ormai trascorsi 40 anni dalla performance ideata e messa in scena dal padre dell’Ankoku Butoh nel 1968: Hijikata Tatsumi to nihonjin – Nikutai no hanran (Hijikata Tatsumi e i giapponesi – La rivolta della carne). Un assolo di circa due ore che ha segnato la storia dell’arte performativa, divenendo un manifesto per quanti del Butoh di Hijikata si sentono figli.
La performance che propongo vuole essere una eco senza vincoli di tempo ne spazio, che si propaga risuonando qui per noi a ricordarci le necessità del corpo e della natura umana nei confronti del sistema sociale. Una danza che si fa “Cavallo di Troia”che urla e si impenna sulla fragilità della modernità e l’illusione del progresso. Una cerimonia eretica in due tempi, un’antico rituale di morte e rinascita, la fine di un “corpo” vecchio e moribondo e la rinascita dello stesso ad una nuova consapevolezza, cinica forse e disillusa, ma vera e urlante.
Un bisogno tangibile e urgente in questo momento delicato della nostra collettività, una crisi necessaria a sollecitare un cambiamento che origina da un autentico atto di responsabilità e consapevolezza. Una danza che risuona altresì come un ripagare il debito contratto con Hijikata, attraverso il quale ereditiamo il lavoro proseguendolo oltre.
Una performance che vuole essere un grido disperato, a noi italiani che abbiamo perso ogni speranza in noi come popolo civile, che ci ricordiamo di essere tali solo in circostanze futili, e che dimenticando il nostro passato non siamo in grado di costruirci un futuro. Uno scossone che risvegli il danzatore dormiente che c’è in ogni corpo dimentico di sé dei propri retaggi culturali.